Day by Michael Cunningham

Day by Michael Cunningham

autore:Michael Cunningham [Cunningham, Michael]
La lingua: ita
Format: epub
editore: La nave di Teseo
pubblicato: 2024-02-15T00:00:00+00:00


Garth controlla di nuovo i messaggi. Da Chess ancora niente.

E allora concentrati sul lavoro. Sta aspettando di affrontare Amleto.

È un copricapo, stavolta. Una specie di elmetto ispirato ai copricapi dei guerrieri masai esposti al Met. La sua variante, ormai quasi finita, è ricoperta di cotenna di maiale, rivestita di catrame e crivellata di piccole fenditure nelle quali Garth ha inserito frammenti di vetro, strass, denti. Ha trovato un tizio in rete, un ladro di cadaveri che vende denti umani. Li ha inframezzati ai vetri e ai finti diamanti.

Sul muro dell’atelier, con un carboncino, ha scritto: quale accusa mi fanno le occasioni che spronano la mia lenta vendetta.

Sì cazzo, vendicativo Principe di Danimarca.

Passa una spazzola abrasiva sul catrame. Deve sembrare consumato. Deve sembrare un oggetto antico che Amleto sceglierebbe di indossare quando finalmente deciderà che gli serve un copricapo da battaglia.

Garth arretra, lo osserva con attenzione. Decide di non aggiungervi il puntale di acciaio, quello che ha segato da un vecchio elmo prussiano trovato in un mercatino delle pulci. Il copricapo di Amleto vuole essere compatto, simile a un teschio, senza nulla che possa fornire appigli al nemico, nemmeno un puntale. Questo copricapo non ha fronzoli. I suoi segreti sono a malapena nascosti nelle fenditure, sembrano prorompere da un sostrato di sacrifici e rituali regali. Diamanti e denti.

Non è niente male. Esprime forza, e minaccia. Le sue intenzioni sono sufficientemente celate. Eppure, Garth deve combattere la convinzione che gli manchi qualcosa. Ha imparato a ignorarlo, l’impulso di continuare a lavorarci, aggiungere, rendere l’opera un’incarnazione di sé ancora più scioccantemente viva. Una scultura dovrebbe sempre avere l’aspetto del non finito. Le opere degli artistucoli, quelle sì sono finite. Offerte come oggetto di venerazione. Incapaci di far altro che starsene in una sala, in una galleria, a contemplare ciò che vedono come la propria perfezione.

Jesse resterà inorridito. A oggi, è la scultura più sconvolgente che Garth abbia mai realizzato. Ha cominciato con i drammi romanzeschi – Cimbelino, La tempesta – e solo adesso sta passando alle tragedie.

Pensa quando vedrà quello che Garth ha in mente per Macbeth. Pensa quando vedrà il suo Re Lear.

Uno dei pochi vantaggi di lavorare con un gallerista di seconda fascia: Jesse si crogiola nella convinzione che i suoi artisti siano troppo radicali per il cartello internazionale dell’arte, come lo chiama lui. Non guasta che la sua famiglia abbia accumulato una fortuna producendo telai per porte a vetro scorrevoli. Jesse non ha la necessità di vendere un bel niente. Per non parlare del suo solito ritornello, ossia che lui sostiene “artisti che vivono sull’orlo della catastrofe assoluta”, così gli piace chiamarli.

Jesse, se vuoi catastrofe, catastrofe avrai.

Il catrame necessita di ulteriore lavoro, ulteriore corrosione, prima che Garth passi all’ingessatura. Non è stato facile trovare gesso invenduto in un fondo di magazzino, abbastanza stantio da dare a ogni cosa un lievissimo accenno di giallastra vaghezza, di smalto vecchio inizialmente destinato a preservare ma che, col tempo, ha conferito all’oggetto – il dipinto, la frutta cerata – un raggelato prolungamento di vita nel paese dei morti.



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